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Abito tradizionale cinese

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Il vestito tradizionale cinese è il 旗袍 qípáo, in seta o altri materiali che valorizzano la figura della donna, tuttavia quello che conosciamo oggi fu introdotto in Cina in un periodo piuttosto recente.

All’inizio dell’epoca imperiale, dalla Dinastia Qin (221 a.C.-206 a.C.) alla Dinastia Han (206 a.C.-221 d.C.) le donne indossavano dei vestiti poco aderenti al corpo che nascondevano le forme, coprivano le gambe e con le maniche larghe (abbastanza simili al kimono dei Samurai giapponesi) ed erano ispirati ai valori confuciani.

Durante la Dinastia Sui (581-618) inoltre, l’imperatore affermò che solo le persone di un elevato grado sociale potessero indossare i colori, mentre le persone più povere dovevano indossare abiti esclusivamente blu o neri.

La Dinastia Tang (618-907) rappresentò l’età dell’oro per la cultura cinese, si verificò infatti un fiorente sviluppo della pittura e della poesia, che in questo periodo raggiunse un elevato livello grazie a molti poeti quali  Wang Wei, Li Bai e Du Fu. In seguito questo periodo di pace permise, specie sotto i Song (960 – 1279), un incremento dello sviluppo economico e commerciale della Cina e vari scambi a livello internazionale; in un certo senso questi scambi non si limitarono al commercio ma interessarono anche il modo di vestire e gli abiti delle donne divennero più ricchi di decorazioni e un pò più aperti. In questo periodo le donne iniziarono a truccarsi il volto e ad acconciarsi i capelli con la crocchia alta e iniziò ad essere praticata anche la fasciatura dei piedi.

Durante la Dinastia Yuan (1271- 1368) con l’influenza dei mongoli, le donne iniziarono ad indossare una giacca e una gonna; con l’ascesa della Dinastia Ming (1368 – 1644) però i vestiti tornarono ad essere più simili a quelli dell’epoca Tang e Song.

I Qing (1644 – 1911) tentarono di eliminare la procedura della fasciatura dei piedi, i vestiti delle donne consistevano in diversi strati colorati con decori elaborati di stampe e ricami e potevano essere con un’apertura frontale o laterale; al posto della gonna dovettero indossare una camicia lunga fino alle gambe (cheongsam) di raso e un gilet con sotto dei pantaloni spesso di seta e scarpe con la suola spessa.

Avevano anche degli ornamenti per i capelli come forcine e fermagli in bambù, avorio, oro, argento, bronzo, legno e giada (il materiale e le decorazioni definivano la classe sociale di chi le indossava); in particolare un accessorio da indossare sopra allo chignon.

Gli uomini dovettero radersi i capelli sopra le tempie e intrecciarsi il resto, secondo l’ordine del codino 剃发令 tìfàlìng.

Durante i primi anni della Repubblica Sun Yat Sen introdusse per gli uomini la tunica che avvicinava lo stile cinese a quello occidentale, successivamente indossarono anche Mao Zedong, Zhou Enlai, Deng Xiaoping.

Intorno al 1920 le donne cinesi (sopratutto a Shanghai) iniziarono ad indossare il 旗袍 qípáo, che univa lo stile degli abiti Qing a quello degli abiti da sera delle donne occidentali. Inizialmente la forma era piuttosto larga e poi pian piano si accorciò (se lungo aveva degli spacchi laterali a livello della coscia o inferiormente), l’orlo era leggermente arrotondato  o anche dritto e divenne sempre più aderente e mise più in evidenza le curve. Il collo era alto alla coreana ed era fermato da cuciture simili ai nodi cinesi (non conosco il nome originale, quello inglese è “frog fasteners”) che avevano anche uno scopo decorativo, infatti spesso continuavano lateralmente. I modelli potevano essere a maniche: lunghe, corte, a tre quarti o anche senza maniche. Veniva indossato con scarpe con il tacco alto, calze di nylon e soprabiti in stile occidentale.

Nel film “In the Mood for Love” (“花样年华” Huāyàng niánhuá) del 2000 diretto dal regista Wong Kar-wai, la protagonista indossa 26 diversi 旗袍 qípáo.

Durante i primi anni della Repubblica Popolare Cinese, sotto Mao Zedong, il lusso e i privilegi erano da abolire: non si acquistavano abiti nuovi e le donne non indossavano più il 旗袍 qípáo ma la tuta alla Mao.

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